giovedì 4 ottobre 2007

RIMORSO PER IL MALE ARRECATO O RAMMARICO PER ESSERE STATI CATTURATI?

Cristoforo Piancone, ex brigatista della colonna torinese, è stato arrestato dalla Polizia di Siena per essere uno dei due autori di una rapina messa a segno il 01.10.2007. Condannato all'ergastolo per concorso in sei omicidi e due tentati omicidi, aveva ottenuto la semilibertà dal Tribunale di Sorveglianza di Torino all'inizio del 2004: di giorno faceva il bidello in una scuola di Torino (beato lui, visto che un giovane laureato ha difficoltà a trovare anche un onesto lavoro di qualsiasi genere), di sera dormiva in carcere a Vercelli (in linea con i migliori servizi alberghieri). E' necessario che il dibattito politico di questi giorni su questo caso rappresenti un punto di riflessione sul triste quanto mai attuale problema dell'importanza della giustizia, connessa alla sicurezza dei cittadini. Mi auguro inoltre, che questa riflessione, però, si traduca in vera e propria azione e non sia invece volta, come spesso siamo abituati, ad alimentare chiacchiere propagandistiche dell'una o dell'altra coalizione politica.
Piancone rappresenta la prova evidente che qui in Italia, non v'è la certezza della pena che , in ogni stato di diritto che si rispetti, deve essere osservata. Il problema dell'inosservanza di tale regola (perchè di regola dovrebbe trattarsi) è totalmente rimesso nelle mani del legislatore che dovrà apporre quelle modifiche necessarie volte a limitare o ad eliminare le misure premiali (buona condotta, semilibertà ecc. ecc.) di cui godono troppo spesso i carcerati. E' un atto di responsabilità a cui la classe politica attuale tenta di fuggire delegando alla magistratura tutte le colpe possibili ed immaginabili dei mali della giustizia, magistratura che non fa altro che applicare le leggi. In tal senso, espressione e testimonianza di tale vigliaccheria è l'intervista all'On. Pierferdinando Casini ai microfoni del TG1, il quale ha affermato che " E' inutile fare leggi rigorose, se non sono poi applicate dai magistrati", segno evidente che purtroppo, almeno per la casta politica difesa da scorte, il problema della giustizia, non rappresentando introito economicamente apprezzabile per lo Stato, è bene lasciarlo alla mercè delle singole coscienze di noi cittadini. Oggi come oggi, se lo Stato non darà una risposta forte alla criminalità, assisteremo alla trasformazione della nostra democrazia rappresentativa in anarchia. Non è il caso quindi di rendere il nostro codice penale più efficiente e meno garantista?. Ritengo che, per la drammatica situazione che stiamo vivendo, sia necessaria la limitazione dell'estensività, anche temporaneamente, degli effetti dell'art. 27 della Costituzione nella parte in cui dispone che le pene devono tendere alla rieducazione del candannato (e non quindi alla repressione dei comportamenti illeciti). Anche perchè, in assenza della certezza della pena, si può intraprendere un programma di rieducazione (Piancone ne è esempio) nei confronti di un condannato che invece di avere un rimorso per un male arrecato, ha soltanto un rammarico per essere stato arrestato? E poi siamo proprio sicuri che non prevalga nel carcerato il rammarico per l'arresto, rispetto al rimorso?.
Tristi dilemmi per la risoluzione dei quali tutti noi dobbiamo unirci per pretendere un futuro più giusto e più sicuro.

Marco Marigliani

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Secondo me...forse la limitazione dell'art. 27 della Costituzione è un po' troppo, ma è certo che l'esigenza di rieducazione del condannato (sacrosanta) non può scacciare dall'ordinamento l'altrettanto sacrosanto principio della certezza della pena e della natura di detereenza che essa deve contenere. Se ciò non avviene è il caos, tipico del Paese di Pulcinella (e l'Italia lo sta diventando!). Koala79

Anonimo ha detto...

L'art. 27 della Costituzione non va toccato, perché effettivamente un condannato va rieducato.
Ma, per educare o rieducare una persona esistono tanti modi, come tanti modi esistono per dare un esempio.
Non voglio dire che un condannato va rieducato come venivano rieducati nell'URSS, dove il meno che poteva accadere, se si occupava un determinato alto grado della scala sociale, era l'internamento in una clinica psichiatrica, né come vengono rieducati in Cina, ma per un soggetto come quello di cui si sta occupando nuovamente la cronaca, se il tempo trascorso in carcere non è stato sufficiente a fargli capire che tutti i reati commessi non devono essere ripetuti, bisogna prendere atto dell'inutilità del tentativo e dargli l'opportunità di guadagnarsi da vivere fino alla fine dei suoi giorni terreni facendo un pò di spazio abbattendo montagne per piantare broccoletti.

Anonimo ha detto...

A Koala79 faccio notare che il caos, tipico del Paese di Pulcinella in Italia già esiste da molto tempo e se c'è qualcuno che deve temere sia la delinquenza che le Istituzioni è solamente la persona rispettosa delle Leggi.